Qual è il vero valore del coaching?
Mi sono posto questa domanda mille volte, prima di cominciare a studiare questo mondo. E ora, alla luce degli studi, credo che il vero valore del coaching sia insito nelle sue competenze, in ciò che un percorso di coaching ti permette di diventare, sia che tu ti trovi nei panni del coach, sia che tu rivesta il ruolo di cliente. Perché?
Quando ho iniziato a studiare coaching, mi sono reso conto che non stavo per affrontare solo un percorso professionale, ma anche e soprattutto un percorso di vita. E me ne sono reso conto all’inizio, quando abbiamo affrontato i temi della “presenza” e della “fiducia”.
Una volta apprese, queste competenze pongono in uno stato che definirei di “illuminazione”.
Permettono, infatti, di osservare, ascoltare e incoraggiare il cliente nelle sue scelte. Di esplorare nuovi orizzonti e nuove possibilità senza paura e con intuito. Di sospendere ogni tipo di giudizio nei confronti del cliente e delle sue scelte, dando vita a un circuito virtuoso in cui il coach ha piena fiducia nella sue capacità e in quelle del cliente, dove il cliente ha piena fiducia in se stesso e nel coach e dove entrambi hanno piena fiducia nel lavoro che stanno svolgendo insieme.
Da un punto di vista professionale, dunque, questo è certamente un atteggiamento potenziante, che genera un clima di totale apertura e lascia cadere, nel cliente, quella spiacevole sensazione di continuo giudizio che talvolta si percepisce in altri contesti.
Ma è sotto un punto di vista umano che tutto ciò diviene ancor più impattante.
Pensaci: quanto sarebbe migliore, la nostra vita, se ogni giorno potessimo interfacciarci con gli altri senza cadere nel tranello del giudizio? Quanto migliorerebbero i nostri rapporti se, nel momento in cui qualcuno ci parla, noi fossimo lì, presenti realmente e non nell’iperspazio alla ricerca di cosa fare dopo? Quanto sarebbe bello se, a una nostra azione, gli altri non fossero pronti a dirci che abbiamo sbagliato e che avremmo dovuto fare “in quell’altro modo”?
Sarebbe stupendo!
Peraltro, non è solo ciò che diciamo, a fare la differenza, ma anche ciò che pensiamo, poiché viene trasmesso attraverso il nostro linguaggio non verbale. Quindi, non basta trattenersi nel dire o fare una cosa, per adottare questo modus cogitandi, ma serve crederci davvero, farlo proprio. Altrimenti non cambia nulla e, anzi, si rischia di apparire finti e ipocriti.
Non ci credi?
Ho avuto modo di sperimentare questa verità attraverso un interessantissimo esercizio:
Scegli una persona, sedetevi e guardatevi negli occhi senza parlare, ma solo pensando bene o male dell’altro, alternativamente. Al termine, commentate. Sarà impressionante realizzare quanto l’altro avrà percepito.
Per questo motivo dico che il coaching è un percorso di vita, qualunque ruolo si ricopra. Anche il cliente, infatti, può far suo, quasi per osmosi, questo fantastico metodo e le sue peculiarità. Non essendo consulenza, infatti, il coaching non crea “dipendenza”, al contrario, permette al cliente di imparare “come fare da sé” e non è raro che un cliente dica «l’altro giorno avevo un problema, mi sono posto questa domanda e l’ho risolto!», oppure «ho affrontato una discussione con la stessa concentrazione che uso in sessione ed è stata una svolta!».
Ecco perché questo è l’aspetto che, forse più di ogni altro, mi ha colpito sin dall’inizio. Sia nelle vesti di coach, sia nelle vesti di cliente. Pensare di affrontare un percorso di coaching, o anche una sola sessione, non ti fa dire «oddio, che strazio!», ma ti fa esclamare «non vedo l’ora di vedere cosa scoprirò oggi!».
Vorrei chiudere con un’altra componente integrante di questo atteggiamento che trovo “illuminante”: l’”ascolto”, altra competenza fondamentale per un coach, secondo i dettami ICF.
Una competenza che si incastra perfettamente con le altre e le completa meravigliosamente. Il coach è attento a ciò che il cliente dice e non dice, sia attraverso le parole, sia con il tono di voce e il linguaggio del corpo. È completamente immerso in ciò che definiamo “la bolla”: una sensazione di concentrazione e attenzione massime in cui il resto del mondo scompare, come per magia.
In questo modo, il coach segue il cliente sulla strada che intende percorrere e gli agevola il cammino, utilizza il suo linguaggio, le sue metafore, ed entra in simbiosi con lui attraverso una comunicazione di massima efficacia.
E ora ti chiedo di riflettere qualche secondo e di scrivere nei commenti la risposta a questa domanda: con che percentuale, ogni giorno, ascolti davvero, con concentrazione, quando qualcuno ti parla?
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