Lo sport come stile di vita e riscatto sociale
Intervista al campione del mondo di MMA, Mauro Cerilli
Lo sport è da sempre un’ottima metafora di vita. Ma quando diventa uno stile di vita e uno strumento di riscatto sociale, acquista un valore ancor più grande. Approfondiamo la questione, allora.
Ho conosciuto Mauro Cerilli nell’àmbito delle mie attività di sport coaching, con il “Progetto Round One” dedicato agli sport da combattimento, e già dopo il primo incontro sono rimasto affascinato dalla sua storia. Così, ho deciso di tirarne fuori un’intervista.
Non ci eravamo mai conosciuti prima, eppure, dopo i primi minuti di conversazione, Mauro mi ha iniziato a raccontare particolari personali che non avrei mai immaginato. Si è aperto come se fossimo amici da anni.
Questo mi ha colpito non solo per le emozioni che mi ha suscitato, ma anche perché, dietro al suo atteggiamento e alle sue parole, ho visto un uomo orgoglioso di ciò che è diventato grazie allo sport, che non ha alcuna intenzione di nascondere o negare gli errori e le difficoltà del passato.
Mauro ha ben compreso quanto sia importante sbagliare e crescere grazie agli errori.
Mauro ha fatto suo uno stile di vita improntato sulla crescita interiore.
Per questo motivo, in appena 5 anni di MMA, Mauro Cerilli, detto “The Hammer” (“Il Martello”), ha vinto ogni titolo possibile, in ultimo, a novembre 2017, anche quello di campione del mondo dei pesi massimi, nel Cage Warriors, poi confermato contro il favorito Karl Moore, in appena 15 secondi.
Ciao Mauro, come sei arrivato all’MMA?
Sono arrivato alle Arti Marziali Miste (Mixed Martial Arts, o MMA) circa 5 anni fa.
Guardavo questo sport in TV e mi ha appassionava molto. Lo sentivo mio. Ne riuscivo a comprendere le dinamiche pur non avendolo mai praticato. Era una sensazione strana, ma intrigante.
Mi dicevo: «Sarebbe bello poterlo praticare, peccato che non lo farò mai». A quei tempi la mia vita era diversa. Avevo vari problemi, mettiamola così. Per questo motivo vedevo l’MMA come un sogno inarrivabile. Avevo altro a cui pensare.
E, invece, eccomi qui.
A un certo punto, infatti, la mia vita privata è cambiata drasticamente. Si potrebbe pensare a un bene, visti i problemi di cui parlavo poco fa. Ma, in realtà, si è complicata ancor più. I cambiamenti portano sempre complicazioni e pensieri. Ma è stato proprio questo che mi ha dato la forza di rialzarmi, una volta a terra. Proprio come avrei fatto in futuro nei miei incontri.
Così, ho iniziato per gioco e poi, con l’impegno, pian piano sono diventato quello che sono oggi.
Quali sono le maggiori difficoltà che hai incontrato?
Le difficoltà sono state tante, anche e soprattutto perché non è uno sport conosciuto, in Italia.
Oggi lo si comincia a conoscere un po’ di più, grazie alle trasmissioni TV e ai filmati sul web, ma qualche anno fa, quando ho iniziato io: zero.
Quindi, le maggiori difficoltà sono state legate principalmente alla necessità di mantenermi economicamente. Ma, anche stavolta, ho fatto tutto da solo.
Quando parlo di sostenermi economicamente parlo delle spese da affrontare per l’alimentazione e tutto il resto. E poi ci sono le spese per gli allenamenti. Essendo poco conosciuto, come sport, inoltre, sono stato costretto ad allenarmi fuori dalla mia città. Gli spostamenti comportano spese aggiuntive e tempo.
Sacrificio, in una parola.
Ma mi sono rimboccato le maniche, come ho sempre fatto, nella mia vita, e non ho mollato.
Quale consideri la tua più grande vittoria? E perché?
Si potrebbe pensare alle vittorie nell’ottagono di gara, ma non è così. I match sono tutti importanti, certo, ma la mia più grande vittoria è stata un’altra: quella di cambiare totalmente la mia vita.
Ho un passato burrascoso, diciamo “di strada”. E questo non semplifica certo le cose. Poi, col passare degli anni, sono sopraggiunti anche problemi sentimentali. E poi ero obeso. Insomma, una situazione di partenza non proprio semplice.
Grazie allo sport ho cambiato radicalmente la mia vita. Ho cambiato e migliorato totalmente la mia vita.
Ecco, questa è certamente la vittoria più grande. Questo è il vero valore dello sport: la crescita interiore.
Allora, quali sono le caratteristiche mentali più importanti, per essere dei campioni?
Per essere dei campioni bisogna essere mentalmente molto forti, non c’è dubbio.
Bisogna non accontentarsi mai ed essere sempre autocritici.
E, soprattutto, ci vuole una grande base di sacrificio. Ogni grande soddisfazione ha dietro grandi sacrifici. Questo concetto, purtroppo, spesso molti atleti lo ignorano o non lo prendono in seria considerazione.
Bisogna buttare sangue e sudore, in allenamento. Bisogna allenare la mente e renderla tanto forte da superare sia gli ostacoli di gara che quelli della vita. Ogni giorno ci troviamo davanti a sfide da vincere, anche se non saliamo su un ottagono, o su un ring per combattere.
La forza mentale è di fondamentale importanza. L’allenamento fisico, da solo, non fa un campione.
Però, la cosa più importante, secondo me, è e resta l’essere umili. Il vero campione deve comprendere che si può e si deve imparare da tutti. Ciascuno può insegnarci qualcosa: il maestro, i compagni di allenamento, gli avversari più forti, quelli più deboli e anche un mental coach.
A proposito, pensi che il mental coaching sia utile, agli sportivi?
Penso che il mental coaching sia importante, per un atleta, certo. Specialmente per quegli atleti che si sono formati tra casa e palestra e hanno sottovalutato l’importanza della forza mentale di cui parlavo prima.
Chi ha un passato più duro e sofferto, come me, a mio avviso è più avvantaggiato. Se hai sofferto nella vita, sei più disposto a sacrificarti per lo sport. Hai quella forza, quella marcia in più che altri non hanno.
Le forti esperienze di vita ti formano il carattere. Ma non bisogna per forza combattere duramente con la vita, per ottenere questa forza mentale. Il mental coaching serve proprio a questo e, quindi, per me è fondamentale per trasformare un atleta in un campione.
Che consiglio dài a chi si avvicina agli sport da combattimento, oggi?
Il mio consiglio è di essere, prima di tutto, umili e determinati, non esaltati.
Purtroppo, vedo troppi atleti entrare in palestra e poi, non appena apprendono i primi rudimenti, li vedo fare gli spavaldi in giro e vantarsi di essere esperti di questo sport. È una trappola in cui si può cadere facilmente. E qui torna il concetto di forza mentale.
Bisogna sapere rimanere con i piedi per terra e, al contempo, essere coscienti delle proprie capacità. Essere umili non vuol dire essere deboli, sono due cose completamente diverse.
E poi bisogna sacrificarsi, come dicevo prima. Bisogna mettersi in testa che servono sacrifici e impegno. I risultati poi arriveranno.
Infine, bisogna sempre documentarsi sul maestro a cui ci si sta per affidare. Chi è? Cosa ha fatto? Che curriculum ha? Bisogna conoscerlo anche dal punto di vista umano. Un maestro deve essere un esempio, per gli allievi. Quindi, anche lui deve avere dentro di sé umiltà e senso del sacrificio.
Se serve, andate sul web e informatevi sul vostro futuro maestro, non affidatevi a degli improvvisati.
Per chiudere, Mauro, che consigli dài a chi vive le tue stesse difficoltà?
Crederci sempre, con una mente forte ogni meta si può raggiungere.
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