Come superare ansia da prestazione e paure? Il mental traning sportivo
Come superare l’ansia da prestazione, soprattutto nello sport, è il sogno di moltissimi atleti. Ma perché? Perché lo sport è anche un lavoro, ad alti livelli, e il lavoro richiede performance continue e di ottima qualità, altrimenti si perdono soldi.
Tutto questo, ovviamente non giova alla salute mentale degli atleti, e le Olimpiadi di Tokyo 2020, con Simone Biles in prima fila, hanno aperto un portone su questo mondo sommerso che noi mental coach conosciamo da anni.
Quindi, cerchiamo di capire come superare l’ansia da prestazione.
Come superare ansia da prestazione e paura con il divertimento
Simone Biles è una donna forte, un’atleta instancabile. La seguo da tempo, l’ammiro molto, e la sento vicina, non fosse altro perché ci siamo laureati nella stessa università: la University of The People della California.
Ma Simone ha subìto una trasformazione, in questi anni. E si vede nello sguardo. Durante le Olimpiadi di Tokyo 2020 ha abbandonato la gara e, da donna forte quale è, non ha avuto il minimo timore nell’ammettere che non si trattava di problemi muscolari o tendinei, ma mentali. Fortunatamente, poi si è ripresa alla grande.
Ma ha parlato di “demoni nella testa” e, soprattutto, ha detto di non divertirsi più, di entrare in gara e di lottare contro la propria testa.
Ecco il punto cruciale di questo brutto momento di Simone: non si diverte più!
La parola “sport”, apparsa per la prima volta nel 1532, è inglese e vuol dire “divertimento”. Quindi, il cuore dello sport è e deve essere il divertimento. Quando Simone dice che non si sta divertendo più, ci sta dicendo che non è più una sportiva.
La sua scelta di ritirarsi e prendere del tempo, dunque, non solo è stata pienamente condivisibile, ma è stata quella più intelligente da fare.
E Simone non è la sola ad aver avuto questi problemi. Anche Michael Phelps ha ammesso più volte di soffrire di depressione.
Insomma: non c’è forza fisica o mentale che regga, quando ciò che si fa per passione viene snaturato e lo si sente come un obbligo. Quando il divertimento finisce, finisce lo sport.
Questo è un punto importante che dovrebbero ricordare tutti gli atleti, ma anche i genitori di bambini e ragazzi che vengono indirizzati verso il mondo sportivo. Il mio appello è: fateli divertire e fate scegliere a loro lo sport che più amano!
Non sono pochi i giovani atleti (ma anche i loro genitori) che si rivolgono a me per percorsi coaching volti a risolvere problemi di ansia da prestazione e calo di passione, o fiducia in sé. Preferirei che questi giovani non avessero bisogno di me, che si divertissero senza troppi pensieri.
Quando si indirizzano i giovani verso lo sport bisognerebbe controllare tante cose: dalla serietà di chi allena, all’ambiente e altro ancora. Ma più le cose si fanno grandi e più tutto ciò sfugge al nostro controllo. E noi coach sappiamo bene che, se un obiettivo non è al 100% sotto il nostro controllo, non lo possiamo considerare. Imparare a divertirsi facendo sport e mantenere questa attitudine è sotto il nostro controllo, quindi è su questo che bisogna lavorare.
Come superare l’ansia da prestazione: 3 “segreti”
Di metodi per sconfiggere l’ansia ce ne sono diversi, in questo e in questo articolo te ne mostro già alcuni. Qui, invece, vorrei puntare sul divertimento e iniziare dalla mia esperienza personale.
Quando partimmo per il Torneo Intercontinentale di Kung Fu, ero ovviamente teso. Avevo in mente mille pensieri e mille paure, non legate al combattimento in sé, ma al risultato finale. Insomma: la responsabilità era grande. E cosa accadde? Andai in ansia.
La notte prima del mio combattimento per la medaglia non dormii bene. Il giorno dopo ero distrutto, passai l’attesa del combattimento sdraiato a terra per riprendermi, anziché riscaldarmi. Poi la fortuna venne in mio aiuto e il mio combattimento venne rimandato al giorno dopo, per motivi organizzativi.
In quel momento mi ripresi, iniziai a girare per l’immenso palazzetto. Insomma: ero rinato.
Tornato in hotel, non mi soffermai a pensare a quanto accaduto, mi limitai a godermi il relax e la notte dormii come un ghiro. Il giorno dopo combattei come un leone e vinsi l’oro intercontinentale.
Ripensando a quell’evento a mente fresca, mi resi conto di una cosa: il primo giorno avevo perso il divertimento, stavo combattendo contro me stesso, proprio come dice Simone. La seconda notte dormii bene perché avevo affrontato il mio “demone”: avevo constatato che le energie le avevo, anche con poche e tormentate ore di sonno. Quindi, ero al top! Ne avevo conferma.
Insomma, avevo affrontato la mia più grande paura del momento: quella di non essere pronto e all’altezza. L’avevo sconfitta ed ero pronto per fare lo stesso con il mio avversario.
Mi sentivo libero.
Ecco, questo è un primo “segreto” che vorrei trasferirti: affronta di petto le tue paure, come faresti con il tuo avversario, o con il tuo obiettivo. Non aver paura della paura. Nel mio romanzo “Lo scacciapensieri” ho scritto che, se li tocchi con le mani, i fantasmi scompaiono. Se fuggi, invece, ti inseguono e si fanno forti della tua paura. Ne sono convintissimo.
Ecco perché dico che Simone ha avuto molto coraggio nel dire la verità: lì è iniziato il percorso di rinascita che l’ha portata al bronzo nella trave. Si è fermata, ha guardato in faccia i suoi fantasmi e ha allungato la mano per toccarli.
Prima di Tokyo, negli Europei di calcio 2020, Roberto Mancini ci ha insegnato perché la nostra nazionale è tanto forte e ha vinto la coppa: si sono divertiti. Non ha perso occasione per dirlo, ai suoi: andate in campo e divertitevi! Questo è il secondo “segreto”.
Il giorno dopo aver “toccato con mano i miei fantasmi”, io combattei contro il mio avversario non per fargli del male, non per vincere l’oro, ma per divertirmi. E, infatti, non persi occasione anche per fare qualche calcio girato e un po’ scenico. Per me non era un combattimento, era una danza. Combattevo per il gusto di farlo, perché era lo sport che amavo.
In psicologia, questa viene chiamata “motivazione intrinseca”, ovvero quella motivazione interiore che ti spinge a fare qualcosa per il gusto di farla. Cercala in te, e questo è il terzo “segreto”. Competitività quanto basta, ma mai tanto da zittire il divertimento, quindi.
La motivazione estrinseca, al contrario, ti spinge a fare qualcosa per ottenere risultati esterni: soddisfare il manager, vincere soldi, dimostrare alla Nazione quanto vali, rendere felice lo sponsor o i genitori e così via. È un fuoco di paglia e fa uscire fuori i demoni, i fantasmi.
E poi, un “segreto” bonus: impara dagli errori. Sembra un monito da guru, da maestro di vita, ma è importantissimo. Per i giovani più che mai, ma non solo per loro. Imparare dagli errori e dalle sconfitte, così come dagli infortuni, è fondamentale per crescere e superare quelle paure che portano alla comparsa di insicurezze e “demoni”.
Lo sport è un ottimo strumento di crescita anche e soprattutto perché ci insegna a perdere, oltreché a vincere: proprio come accade nel resto della vita.
Punta alla motivazione intrinseca, impara dagli errori e goditi ciò che fai, sia da amatore che da professionista. Questo è il mix perfetto (o quasi).
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