Come ci ingannano le pubblicità e i politici?
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Come ci ingannano le pubblicità e i politici?

Come parlano e come ci ingannano, le pubblicità e i politici? Te lo sei mai chiesto? In questo articolo voglio analizzare i principali aspetti psicologici e comunicativi che ci sono dietro la persuasione politica e dietro quella pubblicitaria (spesso identiche).

 

Come ci ingannano le pubblicità e i politici: il ministro della paura

Il grande Antonio Albanese ci ha fatto ridere tantissime volte, con questo tema, impersonando il Ministro della Paura. Al di là della sua bravura come comico, però, ci ha trasmesso un segnale importante che forse non tutti hanno colto. Ora lo vediamo insieme.

 

Come ci ingannano le pubblicità e i politici: ansia e paura

“Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”. Questa frase è stata attribuita ad Alcide De Gasperi, ma sembra sia stata pronunciata, in realtà, dal politico statunitense James Freeman Clarke. A noi non interessa l’autore, ma il suo significato.

Sembra proprio che i politici di oggi non siano concentrati sul futuro e sulle nuove generazioni, ma sulle prossime elezioni. E, per racimolare voti, sono divenuti quasi tutti potenziali “Ministri della Paura”.

Mi spiego meglio.

Come ho già detto in questo articolo, la paura è la più potente forza motrice delle nostre azioni, la rabbia è solo al secondo posto.

Sì, sono le emozioni negative, più di quelle positive, a spingerci verso l’azione. Perché?

Perché il nostro cervello è stato programmato dall’evoluzione per permetterci di sopravvivere, non per essere felici. La felicità e la serenità vanno conquistate con un duro lavoro di gestione delle emozioni.

E questo i politici lo sanno bene. Così come lo sanno i venditori, i professionisti della pubblicità e del marketing.

Prova un attimo a far mente locale. Ripensa ai programmi dei partiti politici negli ultimi 30 anni, o anche 10, o 5. Su cosa puntano? Prenditi qualche minuto e poi continua.

I programmi politici puntano sulla paura. Anzi, su una sua parente stretta più raffinata, che coinvolge non solo il cervello emotivo, ma anche quello razionale: l’ansia.

La paura, infatti, scatta nel momento in cui ci troviamo davanti a un pericolo reale. L’ansia, invece, scatta nel momento in cui pensiamo a un possibile pericolo. Molto più complesso, come processo.

Il politico, così come il venditore, non ci può mettere davanti a un terrorista o a una malattia. Ma può farci immaginare tutto questo. Proprio come un romanziere, con il suo thriller, può farci battere il cuore nel momento in cui l’eroe (in cui ci immedesimiamo) si trova in pericolo di vita. Lo immaginiamo, non lo viviamo direttamente.

Non è un pericolo reale, dunque, ma un pericolo percepito.

Così, il venditore ci spingerà a comprare quegli integratori che scongiureranno la possibilità di sviluppare un tumore, o di invecchiare e morire prima del tempo.

Il politico, invece, ci spingerà a votarlo perché, se lo faremo, eliminerà la disoccupazione, eliminerà il problema dell’immigrazione, combatterà il terrorismo e così via. Ci libererà dalle ansie, insomma. Dalla paura. Dal Male.

Ecco come ci ingannano, le pubblicità e i politici: giocando sulla paura e affiancandola a un messaggio di speranza del tipo “io ho la soluzione per te! Ti salverò! Sceglimi!”. Altrimenti, perché votare o comprare?

 

Come ci ingannano le pubblicità e i politici: il paradosso dei cambiamenti climatici

Non ti sembra assurdo che ci preoccupiamo di eventi che hanno poco o nulla a che vedere con la nostra quotidianità, come l’immigrazione, per esempio, e ignoriamo eventi gravissimi come i cambiamenti climatici che, al contrario, rischiano di mettere in seria discussione la nostra vita e l’intera umanità?

Sì, è assurdo, ma non del tutto.

Come ci spiega il mensile di neuroscienzeMIND – Mente&Cervello“, Il nostro cervello si è evoluto per affrontare problemi imminenti e locali, ci siamo evoluti da gruppi di esseri umani cacciatori che avevano, come principale nemico, gli altri esseri umani che contendevano con loro cibo, salvezza e territorio.

Ecco perché siamo tanto impauriti da problemi come l’immigrazione, il diverso, lo straniero: il nostro cervello ancestrale continua a vederli come i nemici di millenni fa, anche se la nostra mente razionale traduce questa paura atavica in giustificazioni di tipo ideologico, politico o sociale.

Queste circostanze fanno capo a ciò che in psicologia viene definita contrapposizione ingroup e outgroup (insomma: chi è dei nostri e chi è contro).

Ed ecco perché ci fa più paura un cibo non di marca: viene percepito come più scadente. Una paura che ci spinge a comprare i prodotti che meglio pubblicizzano la loro qualità anche se poi… non ci preoccupiamo di verificare davvero quella qualità. Quante volte abbiamo letto di prodotti individuati come pericolosi, ma che consumavamo serenamente?

I disastri climatici, invece, finché non ci toccano, non distruggono le nostre case o creano lutti, non li percepiamo come vicini, come reali. “Tanto è qualcosa che accade lontano da me, tocca gli altri, no me, chissà quanti secoli ci vorranno prima che diventino qualcosa di serio…”. E poi, quando arriva il momento di prenderli davvero in considerazione, spesso è troppo tardi.

Eppure si tratta di eventi causati da nostri comportamenti: l’abuso di plastica che inquina i mari, l’abuso di aria condizionata che emette CO2, i continui spostamenti in auto e moto, anziché con i mezzi pubblici… Gesti di cui ognuno di noi è responsabile. Ma questa responsabilità non viene percepita, non c’è un nemico contro cui scagliarsi, a differenza dell’immigrazione o del terrorismo. Quindi, siamo più portati a pensare che possa ucciderci un arabo o un immigrato dal coltello facile, piuttosto che noi stessi con i nostri gesti quotidiani.

 

Come ci ingannano le pubblicità e i politici: il gioco dei numeri e strategie di comunicazione

Hai idea di quanti attentati terroristici ci siano stati, in Italia, dal 2001 a oggi? Zero, per fortuna.

In questi decenni si è tanto parlato di un calo della disoccupazione e di soluzioni politiche, ma hai idea di cosa si parli davvero? Proprio come nell’esempio precedente sui prodotti di qualità, basta guardare i dati, per capirlo.

L’ISTAT parla di 1 milione di “occupati” in più, negli ultimi anni. Attenzione alle parole! Si parla di “occupati”. E sai chi sono, gli “occupati”? Coloro che hanno lavorato, negli ultimi anni, anche solo un’ora. Non chi ha un posto fisso e sicuro.

I politici, così come i venditori che scrivono “x% di grassi in meno”, senza dire rispetto a cosa, tanto per far leva sull’ansia del colesterolo e delle malattie cardiovascolari, giocano con numeri e paroleE noi ci caschiamo, perché il nostro cervello è programmato per farci sopravvivere e risparmiare energie, dinanzi alla paura/ansia.

Perché usano queste parole specifiche? Perché ogni partito politico/venditore sceglie il suo registro, il suo vocabolario, le parole che più si adattano a ciò che vuole trasmettere. I politici, così come i pubblicitari, sono bravi a utilizzare i cosiddetti “interruttori cognitivi“, ovvero quelle parole, quei gesti o quelle immagini in grado di attivare il nostro pensiero e dirigerlo verso la direzione voluta. Vedi gli esempi che ho menzionato poco fa.

Quindi, se un partito dice che sconfiggerà il terrorismo (interruttore cognitivo) o darà lavoro (interruttore cognitivo) ai nostri figli o a noi, siamo portati a credergli per una serie di scorciatoie mentali chiamate “euristiche”. Allo stesso modo in cui compriamo prodotti che ci sembrano migliori (ci sembrano, ma non è detto che lo siano) e allo stesso modo in cui davanti a un tubo di gomma che sembra un serpente fuggiamo di corsa, risparmiando energie mentali, senza star lì a pensare se sia davvero un pericolo o no. E se lo fosse davvero? Meglio sopravvivere!

In merito al sempre caldo tema dell’immigrazione (interruttore cognitivo), quindi dell’altro, del diverso, del nemico, sai qual è la verità?

Gli stranieri residenti in Italia è uguale al 7%, in perfetta linea con gli altri Paesi europei, mentre in 25 dei 34 Paesi dell’OCSE, in percentuale, il numero rimane nettamente superiore al nostro. E che dire della bufala del “vengono qui a rubarci il lavoro”? Perfetta, dal punto di vista comunicativo, ma bufala, come ci dice questo articolo.

Questo articolo di Vice ce la dice lunga in merito ai veri numeri sull’immmigrazione: si tratta di una realtà distorta che viene rafforzata dalle notizie che riceviamo.

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Cosa succede quando per decenni parli di “invasione,” pur senza dati a supporto, e tutti ti riprendono senza farsi troppe domande? Cosa succede quando per decenni rafforzi un nesso inscindibile tra immigrazione e criminalità, focalizzandoti solo ed esclusivamente su tutti i crimini degli immigrati? E cosa succede quando parli di un fenomeno complesso e sfaccettato attraverso un’unica lente, bombardando chi ti ascolta con frasi fatte e stereotipi? La risposta è contenuta in una ricerca dell’Istituto Cattaneo pubblicata di recente, ed è la seguente: crei un'enorme sproporzione tra realtà e percezione. Dall'analisi dell'ultimo Eurobarometro emerge infatti che, di fronte al 7,2 percento di immigrati presenti “realmente” negli stati europei, gli intervistati ne stimano spesso molti di più. Nel caso dell’Italia, il distacco è quello più ampio: si parla di una sovrastima del 17,4 percento rispetto al dato reale (che quantifica la percentuale di immigrati percepita in un 25 percento). In altre parole, in media gli italiani intervistati pensano che le persone nate fuori dai confini UE e che risiedono legalmente in Italia—ovvero il 7 percento, mentre volendo conteggiare gli "irregolari" si salirebbe di un paio di punti percentuali—siano più del triplo rispetto alla realtà. Esatto: più del triplo rispetto alla realtà. Il resto dell'analisi, spiegata da @captblicero, è al link in bio.

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E anche quella della corruzione è una questione di percezione, secondo i dati statistici, leggi qui.

Insomma, un omicidio per mano di stranieri fa sì che, per un periodo di tempo, i TG, i giornali e i blog (nonché i profili social) parlino quasi solo di quello e di altri casi simili. E noi stessi, per natura, anziché cercare di analizzare i fatti, siamo portati a cercare altre notizie che avvalorino le nostre paure. È un cortocircuito mentale. E siamo fregati.

Lo stesso accade con le vendite: ricordi il boom di venditori online che promettevano di fare soldi facilmente, per cavalcare l’onda della crisi economica? E che dire delle pubblicità su lotterie e giochi simili che fanno leva sulla disoccupazione e sul bisogno di introiti?

Dall’indagine Ipsos 2018 condotta da Robert Duffy risulta che siamo al primo posto mondiale per visione distorta della realtà su religione, immigrazione, salute… tutto, insomma. Quando gli italiani sono stati interrogati hanno detto che il 49% dei connazionali in età lavorativa è disoccupato, mentre in realtà si tratta del 12%. Hanno anche detto che gli immigrati sono il 30% della popolazione italiana, mentre la cifra reale è del 7%, come ho già detto. Hanno anche asserito che il 35% degli italiani ha il diabete, quando in realtà è solo il 5%.

Non ne abbiamo presa una. Ecco perché siamo primi al mondo, battendo anche gli immensi Stati Uniti (che sono al secondo posto).

Non ragioniamo e con questi meccanismi la percezione del finto problema diviene reale, qualcosa di vicino a noi, di imminente e diffuso.

Ma sono davvero quelli, i problemi della tua vita? E sono davvero quelle le soluzioni o coloro che possono risolverli?

 

Come ci ingannano le pubblicità e i politici: la verità dei fatti

Nonostante molte promesse non siano state mantenute, negli anni, tanto da portare vecchi marchi di fabbrica a perdere clienti e politici a perdere voti, per essere rimpiazzati da altri marchi e altri politici che a loro volta perderanno terreno per promesse non mantenute, non riusciamo a liberarci da queste trappole mentali.

La verità dei fatti è spesso ben diversa dalla percezione che ci forniscono.

Uno studio olandese del 2017 su “Political Psychology” ha dimostrato che le convinzioni generali e astratte sulla società sono più potenti e hanno più influenza, sulle nostre scelte, rispetto alle esperienze personali reali e concrete. Insomma: pensare di poter essere attaccati da un immigrato o da un terrorista è molto più efficace dell’esserlo davvero, ai fini del voto. Pensare di poter morire di infarto, o di invecchiare precocemente è più impattante dello star male o invecchiare davvero, magari con qualche affascinante ruga in più.

Ed ecco che venditoripolitici bravi a chiacchierare riescono a ingannarci. Purtroppo, a volte, anche con idee estremiste, nel caso della politica.

Piccola parentesi, quando si parla di idee estremiste, entra in gioco un atteggiamento ancor più subdolo: la simulazione.

In pratica, il politico estremista gioca a una sorta di reality show, dove le sceneggiature vengono riviste in base alla reazione del pubblico. Una cosa del tipo: provo a lanciare messaggi omofobi e razzisti, provo a mettere in alto qualcosa di estremo e crudele, vediamo come reagisce il popolo. Se perlopiù reagisce bene, il politico estremista rivede la sceneggiatura e forza ancora un po’ di più la mano, finché i suoi valori e le sue idee, con la ripetizione e con il tempo, non vengono accettati da gran parte del popolo. Così nasce l’estremismo, così nasce la dittatura. La storia ci insegna che basta il 40% di consenso politico per poi, grazie a tecniche minatorie, racimolare il restante 60% che porterà alla dittatura. Ai giorni nostri stiamo assistendo a molti di questi test.

Ma tornando al tema principale dell’articolo, ragioniamo:

  • Quanti di noi sono stati messi in pericolo da un atto terroristico, o potrebbero trovarsi in una condizione simile nei prossimi anni?
  • Quanti di noi hanno subìto violenze o ingiustizie da immigrati? E quanto pesa l’immigrazione realmente sulla nostra vita quotidiana?
  • Quanti dei crimini commessi da stranieri sono stati, nel tempo, commessi anche da connazionali?
  • Quanti di noi hanno visto risolto il problema della disoccupazione dalle promesse politiche?
  • Quanti di noi pensano che bere uno yogurt possa risolvere il problema del colesterolo o il rischio di infarto?
  • Quanti di noi credono davvero che delle creme fermeranno l’invecchiamento?

Ansia e paura. È lì che si gioca il tutto.

 

Come ci ingannano le pubblicità e i politici: il fact checking e la responsbailità

Come uscire da queste trappole mentali, allora?

L’arte di non farci trattare come allocchi, in termini tecnici, si chiama “fact checking”, ovvero un’analisi razionale dei fatti, al di là delle opinioni e delle emozioni.

Si tratta di un lavoro raffinato che facciamo anche noi coach nelle nostre sessioni, per permettere al cliente di arrivare alla verità, raggiungendo i suoi obiettivi di vita e aggirando i pensieri limitanti. Già, perché queste trappole psicologiche influiscono a 360°, nella nostra vita, non solo al momento del voto o dell’acquisto.

Tanto per farti capire meglio, vediamo un po’ come stanno davvero le cose.

Visto che abbiamo tanta paura della morte, quali sono le maggiori cause di morte, in Italia? L’ISTAT ha fornito dei dati molto eloquenti che le analizzano, relativi al 2017. Eccole:

  • malattie ischemiche del cuore, malattie cerebrovascolari e altre malattie del cuore (rappresentative del 29,5% di tutti i decessi)
  • al quarto posto nella graduatoria delle principali cause di morte figurano i tumori della trachea, dei bronchi e dei polmoni
  • Tra i tumori specifici di genere, quelli della prostata sono la decima causa di morte tra gli uomini, mentre quelli del seno sono la sesta causa tra le donne

Insomma, se si escludono gli incidenti stradali, si tratta di salute, problemi che possono davvero interessare chiunque di noi, ogni giorno. E a cosa sono dovuti?

 

Sono dovuti all’inquinamento atmosferico, alla cattiva alimentazione, al fumo e allo stress. Tutti problemi che raramente (se non mai) vengono affrontati dalla politica o dagli spot dei principali prodotti. Problemi di cui spesso anche noi ignoriamo le reali soluzioni: controlli medici, un cambio di dieta, diverse abitudini di vita, o magari un percorso di specializzazione per superare la concorrenza e far fronte al problema della disoccupazione, in molti casi.

Spesso ci adagiamo e afferriamo al volo la prima occasione di ottenere tutto, subito e senza fatica. Una bevanda per migliorare la salute è meno impegnativa di un percorso sportivo e di un cambio di dieta. Studiare per specializzarsi in un mestiere è spesso più faticoso dell’inviare curriculum a caso, nella speranza che qualcuno ci dia lavoro.

Ecco, qui entra in gioco un altro fattore chiave, per la risoluzione dei nostri problemi: la responsabilità.

Il fondatore della Terapia Razionale Emotiva Comportamentale (REBT), Albert Ellis, ritenuto il secondo psicoterapeuta più influente del secolo scorso, disse: “Gli anni migliori della tua vita cominciano quando ti rendi conto che i tuoi problemi sono solo tuoi  e smetti di accusare tua madre, la tua infanzia, l’economia, il governo. Allora ti rendi conto che puoi avere il controllo del tuo destino”.

Una frase dura, ma assolutamente vera. Dai cambiamenti climatici alla scelta di cosa comprerai, dal voto politico (e le sue conseguenze) ai tuoi comportamenti di vita (e alle loro conseguenze) tutto è in mano tua, è tutta una tua responsabilità. Dal verificare i fatti all’agire. Ora non puoi più dire di non saperlo.

Conclusioni

Se le mie parole ti hanno dato l’impressione che io abbia attaccato il tuo partito politico preferito o il tuo marchio del cuore, me ne scuso. Non era questo il mio obiettivo.

Il messaggio di questo articolo è che molti politici e venditori sono bravi nel canalizzare le nostre ansie e nello sfruttarle.

Fai molta attenzione! Imparata a difenderti con il “fact checking” perché, così facendo, acquisirai un’abitudine che ti tornerà utile in moltissimi altri àmbiti della tua vita.

Se vuoi continuare ad approfondire il tema, ti consiglio di leggere anche questo articolo sulle bufale, le cosiddette “fake news”.

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